In Azienda: perché scegliere un linguaggio inclusivo.
La parola è un mezzo potente: può includere, unire, rappresentare o al contrario offendere, discriminare ed escludere.
Le parole che scegliamo e il modo in cui decidiamo di organizzarle trasmettono i nostri valori e i nostri pensieri alle persone che incontriamo, permettendoci di stabilire un contatto con loro. Ed è perciò ovvio che il linguaggio giochi un ruolo centrale nella nostra vita quotidiana: quando questo è inclusivo e rispettoso sa generare empatia, dialogo e collaborazione. Impatta positivamente sul benessere emotivo e psicologico dei nostri interlocutori. Soprattutto nei contesti lavorativi.
Ed è per questo che, rispetto a qualche tempo fa, l’attenzione al ruolo potente che ha il linguaggio è molto cresciuta e la difesa della sua inclusività è diventata un vero e proprio obiettivo per le aziende: sentiamo sempre più spesso parlare di “Diversità e Inclusione” (D&I) e in generale di strategie e azioni finalizzate al supporto della diversity.
Ma sappiamo tutti cosa si intende davvero per linguaggio inclusivo? E come si mette in pratica? Se la risposta è no, forse o in parte, ti consigliamo di andare avanti nella lettura: di seguito un nostro breve vademecum al linguaggio inclusivo in azienda.
Prima di tutto: cosa significa linguaggio inclusivo?
Quando si parla di linguaggio inclusivo ci si riferisce a un linguaggio che tiene in considerazione la presenza di minoranze, ovvero di tutti coloro i quali non costituiscono una realtà maggioritaria in relazione a lingua, religione, genere, identità di genere, orientamento sessuale, condizione psicofisica e disabilità.
Un linguaggio, in sintesi, che accoglie le differenze e le molteplicità di ognuno, che si basa su rispetto ed empatia e che preferisce alcune parole e ne evita altre, come per esempio stereotipi, cliché o “modi di dire”.
L’utilizzo di questo tipo di linguaggio, rispettoso e mai escludente, costituisce un importante passo per il riconoscimento dell’unicità di tutti e per il superamento di alcuni pregiudizi ancora troppo presenti nella nostra società.
E considerando che le aziende e le loro attività contribuiscono molto spesso a influenzare, determinare o addirittura modificare la realtà che ci circonda, è importante iniziare a cambiare le cose anche lì.
Come si mette in pratica?
Adottare un linguaggio inclusivo è anche un esercizio empatico. Per questo, prima di tutto, è importante abbandonare gli automatismi comunicativi che ci fanno incappare in stereotipi e riflettere meglio su ciò che trasferiamo con le nostre parole: che cosa vogliamo dire e che impatto potrà avere ciò che diremo sul nostro interlocutore?
Dopo aver allenato questo meccanismo mentale, di apertura e ascolto dell’altro, ci sono una serie di azioni pratiche che è possibile introdurre ogni giorno.
Eccone alcune a nostro parere tra le più importanti:
- Per superare quella tendenza che porta molti a entrare in una stanza e a rivolgersi solo al genere maschile con frasi tipo “Ciao ragazzi”, “Buongiorno a tutti”, “Ben ritrovati colleghi” è meglio prediligere sempre termini neutri come “gente”, “team”. Oppure, soprattutto se si tratta di comunicazioni scritte come le e-mail, le formule di “maschile sovraesteso” possono essere sostituite anche con * o schwa, indicato con il simbolo “ə”.
- In giornate particolarmente stressanti – capitano a tutti! – si tende ad abusare di espressioni come “oggi non ce la faccio”, “che depressione” oppure “quella lì è proprio pazza”: è importante tenere conto del fatto che alcune delle persone che vi stanno attorno potrebbero essere affette davvero da queste malattie “silenziose” come depressione, bipolarismo e altre.
- È fondamentale fare attenzione a come si scrivono le offerte di lavoro e a come si pongono le domande durante i colloqui. Nel corso dell’incontro, per esempio, è bene non riferirsi alle caratteristiche fisiche della persona, alla sua provenienza geografica o ai suoi desideri di avere o meno una famiglia nel prossimo futuro.
- È importante organizzare piani di formazione alla diversità e all’inclusione destinando alla loro promozione una voce del budget senza dimenticarsi di coinvolgere nelle attività tutti i dipendenti dell’azienda.
- Soprattutto nei discorsi al team o nelle comunicazioni ufficiali, meglio non parlare di diversità ma di unicità!
- È molto utile raccontare i progetti D&I all’interno del sito, dei canali social e anche della mailing list. Questo aiuterà la reputation rendendo l’azienda un esempio per chi ancora non ha messo in pratica queste politiche.
I vantaggi per l’azienda
Diciamo subito che il vantaggio principale è quello di natura umana: un’azienda che ha saputo davvero promuovere l’inclusività e la diversità ha fatto un importante passo per far stare meglio le proprie persone.
Inoltre, un clima di inclusione in cui tutti stanno bene può influenzare positivamente il morale dei dipendenti, impattando anche sulla loro capacità produttiva: d’altronde il binomio benessere-performance funziona e se le persone stanno bene lavorano meglio e tendono a produrre di più.
Allo stesso modo in posti di lavoro particolarmente “inclusivi” la fidelizzazione del dipendente è più profonda ed è per questo che dove c’è una buona applicazione dei protocolli D&I si registra una netta diminuzione del turnover: le persone tendono a rimanere perché non hanno necessità di trovare “qualcosa di meglio” all’esterno (almeno in questo senso!).
A beneficiare di una cultura inclusiva è anche la reputation dell’azienda: l’attenzione alla diversità attira più candidati, soprattutto tra i giovani, più sensibili al tema.
And last but not least, la diversità e l’accettazione di essa rende i team di lavoro più innovativi: persone con background differenti apportano informazioni ed esperienze uniche alle attività.
Gruppi composti da individui molto diversi fra loro sono più capaci di utilizzare la creatività e il problem solving questo perché i diversi punti di vista li spingono a confrontarsi di più ad arrivare alla soluzione utilizzando una rosa molto più ampia di informazioni.
Insomma, includere fa bene a tutti. Aziende comprese.