Cosa pensano gli italiani del proprio lavoro

COSA PENSANO GLI ITALIANI DEL PROPRIO LAVORO: ECCO IL REPORT

“Italiani e lavoro nell’anno della transizione” questo è il titolo dell’ultima indagine pubblicata dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro in collaborazione con SWG. Il numero che più ha fatto notizia in queste settimane è 55 ovvero la percentuale di Italiani insoddisfatti del proprio lavoro.

Oltre a desiderare un nuovo impiego, il 15% degli intervistati ammette di essere effettivamente in cerca. Una brutta notizia per le aziende da cui provengono, ma sicuramente un’opportunità per tutte le altre che vogliono attrarre talenti.

COSA VOGLIONO? 

Salari bassi e scarsa crescita professionale sembrano essere le motivazioni alla base dell’insoddisfazione. Ma non solo, lo smart working è uno dei nuovi “requisiti” entrati nella top ten delle richieste dei lavoratori italiani, considerato come una soluzione efficace per conciliare l’equilibrio vita e lavoro.

Dopo la pandemia infatti sembra sempre più diffuso il bisogno di cambiamento, non solo tra i giovani, ma in tutti gli strati generazionali e settoriali.

Ecco le 5 motivazioni principali che spingono verso un nuovo lavoro:

  • scarse opportunità di carriera (40,9%)
  • salari bassi (31,9%)
  • la voglia di novità (35,4%) 
  • scadenza del contratto (9,8%) 
  • paura di perdere il lavoro (11,8%) 

LO SMART WORKING VINCE

Non è solo una questione di RAL e crescita professionale. Con lo smart working si apre uno spiraglio per tutte le aziende in cerca di nuovi talenti anche dal punto di vista dell’assetto organizzativo.

Il 49% degli italiani infatti ha dichiarato che la ricerca di un miglior work life balance è una priorità nelle proprie scelte di vita. Decisione che mira a un minor stress, a trovare più tempo per se stessi, ma anche un lavoro da remoto. 

Il benessere individuale è fondamentale soprattutto per gli under 35 e per la fascia d’età 35-44 anni, che oltretutto giudicano in modo favorevole lo smart working. Tanto che il 31,8% degli italiani non accetterebbe di tornare a lavorare in presenza, il 16,9% cambierebbe lavoro e il 9,3% potrebbe addirittura licenziarsi se non gli fosse più permesso.

CAMBIA ANCHE LA CULTURA?

Nel nuovo mindset generalizzato sembrano cambiare non soltanto i bisogni, ma anche i valori degli italiani. Lo stiamo vedendo nell’esperimento portato avanti in Inghilterra dove alcune aziende stanno testando la settimana corta con 4 giorni lavorativi su 7 a parità di mansioni e stipendio. 

Sembra quindi nascere un nuovo modello culturale orientato non tanto alle ore passate a lavoro ma alle performance. Il 50,2% dei lavoratori dipendenti preferirebbe, infatti, essere valutato in base ai risultati piuttosto che alle ore timbrate sul cartellino.

IL RUOLO DELLA TECNOLOGIA

Se da un lato è positivo che la pandemia abbia dato una forte accelerazione tecnologica ai processi lavorativi, dall’altro lato i lavoratori meno “digitalizzati” si sono trovati in difficoltà.

Tra gli “insoddisfatti” emerge infatti anche un 13,9% di intervistati che considera la rivoluzione tecnologica un fattore negativo. Tra questi il 14,6% ritiene che abbia reso il lavoro più complicato e l’11,1% teme la perdita di valore nello scambio interpersonale.

Un altro aspetto interessante è il valore dato alla “meritocrazia” (33%) visto come fattore limitante per la crescita personale e professionale.

IN SINTESI COSA PUÒ FARE UN’AZIENDA?

“Rivoluzione tecnologica e smart working stanno cambiando i modelli organizzativi e definendo un nuovo approccio verso il lavoro. Lo smart working è una modalità che ben concilia il lavoro con la vita privata, ma va ben strutturato perché diventi un’opportunità per il futuro”. 

Prendiamo ispirazione dalle parole di Marina Calderone, presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, e dai dati raccolti dal report, per trarre alcune interessanti conclusioni su come le aziende italiane oggi possono trattenere o attrarre talenti nel 2022:

1. Organizzarsi per la possibilità di lavorare da remoto
2. Sviluppare un sistema di crescita interna gerarchica e meritocratica
3. Offrire corsi di formazione e avvicinamento ai nuovi sistemi digitali
4. Promuovere una cultura aziendale orientate alla qualità delle ore lavorative, più che alla quantità

08/05/2022

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