LGBTQ+ e MONDO DEL LAVORO: LA DIVERSITY VALE 2 MILIONI
Giugno, il mese dedicato alla parità di diritti di genere e all’amore in ogni sua forma, sta per finire.
Ma non finisce il bisogno di continuare a festeggiare per i risultati raggiunti e a lottare per quelli ancora troppo lontani.
Ci sarebbero tanti temi di cui parlare, ma il nostro lavoro è rendere il vostro migliore. Abbiamo quindi deciso, in occasione di questo evento, di raccogliere un po’ di dati e qualche riflessione per capire insieme come si incontrano oggi l’universo lavorativo e la comunità LGTBQ+. Dove siamo arrivati? Dove dobbiamo arrivare in Italia e nel mondo?
UNA PANORAMICA DALL’ITALIA ALL’EUROPA
Provate ad immaginare quante e quali difficoltà riscontrano ogni giorno le persone LGBTQ+ nella vita quotidiana, quante di loro nascondono la propria identità sul luogo di lavoro per paura, temendo che omofobia, transfobia e ricattabilità possano mandare in frantumi la propria carriera lavorativa. Dalla discriminazione diretta o indiretta, al mobbing, al licenziamento o alle mancate assunzioni.
L’espressione del proprio orientamento sessuale o della propria identità sono ancora oggi considerate un metro di giudizio e sono oggetto di discriminazione in molte altre occasioni. Le diversity policies attuate dalle aziende Italiane sono un buon punto di partenza, ma non ancora abbastanza. Ne sono una prova alcuni dei dati emersi dallo studio Istat, realizzato nel 2020–2021 in collaborazione con Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali).
Su 21 mila individui in procinto di unirsi in rito civile o già uniti, il 26% di loro che si dichiara omosessuale o bisessuale ha riscontrato difficoltà e differenze di trattamento sul posto di lavoro per quanto riguarda la retribuzione, l’avanzamento di carriera o il riconoscimento di capacità professionali. Il 12,6% non ha ritenuto idonea una posizione lavorativa, per timore di non essere accettato a causa dell’orientamento sessuale.
Ma in Europa la situazione è tanto diversa?
In un’indagine condotta su 140 mila appartenenti alla comunità LGBTQ+ europea, il 60% di loro evita di tenersi per mano in pubblico e oltre la metà non ha mai dichiarato il proprio orientamento sessuale o la propria identità di genere. Oltre un quarto dei lavoratori LGBTQ+ riferisce di essere stato licenziato, non assunto o di essersi vista negare una promozione nell’ultimo anno, mentre solo il 20% dei datori di lavoro offre loro un congedo familiare.
NON SOLO GENDER GAP, ESISTE ANCHE IL GAY GAP
Si parla spesso, e a ragione, del divario di retribuzioni tra uomini e donne, il noto gender gap, ma il gay gap è un nome – se non un problema – ancora poco discusso. Il divario salariale tra eterosessuali e persone LGBTQ+, infatti, è un fenomeno molto diffuso nonostante i recenti progressi. I dati mostrano che le persone parte della comunità LGBTQ+ continuano a subire discriminazioni, disparità di reddito e disoccupazione. Molte organizzazioni preferiscono lo status quo e tendono ad assumere coloro che si conformano di più al resto dei loro collaboratori.
Uno studio di Human Rights Campaign ha mostrato come sia presente uno svantaggio salariale per gli uomini gay. C’è invece uno scarto in positivo per le donne lesbiche rispetto alle controparti eterosessuali.
In media, si legge nel report, gli uomini gay guadagnano l’11% in meno rispetto agli eterosessuali, mentre le donne lesbiche il 9% in più rispetto alle eterosessuali. Le ricerche hanno anche mostrato un divario salariale negativo a sfavore dei bisessuali e anche delle persone transgender.
Il 46% dei dipendenti LGBTQ+ intervistati ha ammesso di non aver ancora fatto coming out sul posto di lavoro e oltre la metà di loro ha sentito battute su persone gay o lesbiche. Quasi un terzo afferma di sentirsi infelice e depresso al lavoro e un quinto si è sentito dire dai colleghi che dovrebbe vestirsi in modo più maschile o femminile.
E PENSARE CHE “LA DIVERSITY” CONVIENE
Cosa significa che la diversity conviene? Dobbiamo innanzitutto sottolineare che ogni tipo di diversità offre migliori prospettive finanziarie per le aziende favorendo l’innovazione, una maggiore creatività e attaccamento ai valori aziendali. Al contrario, discriminare per il proprio orientamento sessuale, genere o sesso non è economico.
A dirlo è lo studio “Il rapporto tra inclusione Lgbt e sviluppo economico”, pubblicato su Science Direct nel 2019, che analizza la relazione tra l’inclusione sociale delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender e lo sviluppo economico utilizzando i dati di 132 Paesi dal 1966 al 2011. Leggendo i risultati dello studio si può facilmente capire che le discriminazioni contro le persone Lgbtq+ (come limitare l’accesso al lavoro, all’istruzione e all’assistenza sanitaria), sono ancora oggi un ostacolo importante che impedisce loro di partecipare pienamente all’economia di un Paese, danneggiando non solo le persone coinvolte ma anche la produttività in generale.
Ma qual è il dato definitivo che dovrebbe far riflettere anche i più venali e con cui abbiamo iniziato questo articolo? Senza discriminazioni ci sarebbe un aumento del PIL reale pro capite di circa 2 mila dollari. Andare verso l’inclusività anche sul posto di lavoro, oltre che essere un dovere etico e morale, potrebbe anche essere una scelta economica nell’interesse di tutti.
IL RUOLO DEL DIVERSITY MANAGER
Per raggiungere gli obiettivi di cui stiamo parlando, già da qualche anno, le aziende richiedono all’interno del proprio reparto HR, la figura del Diversity Manager, fondamentale per mettere in pratica strategie efficaci per la creazione di una cultura inclusiva.
I manager, nelle aziende, sono i primi a poter rendere l’ambiente lavorativo sano e in grado di far sentire tutti valorizzati e a proprio agio. In questo contesto, il loro compito è dare l’esempio e mettere in atto interventi e strategie che creino integrazione come seminari, eventi e corsi di formazione per sensibilizzare i lavoratori e i livelli dirigenziali sul tema dell’inclusione.
Il primo passo per creare una cultura del lavoro che abbracci l’inclusione è quello di analizzare i dati sulla diversity aziendale e trasformarli in report da mostrare pubblicamente. Il management dovrebbe poi formulare obiettivi chiari all’insegna della diversity, elaborando una strategia per raggiungerli, anche con il coinvolgimento diretto del personale.
Un’altra soluzione rilevante per dare un segnale ancora più concreto è quella di prevedere incentivi finanziari ai manager che assumono e promuovono le minoranze nel luogo di lavoro. O quella di stabilire e pubblicare un manifesto contro la discriminazione che includa l’orientamento sessuale, l’identità di genere e l’espressione di genere e assicurarsi che i responsabili HR lo rispettino.
LA TUA AZIENDA È INCLUSIVA: TE LO DICE UN GIOCO
Ma cosa ne pensano realmente i dipendenti? Una realtà inclusiva sul luogo di lavoro è possibile anche, e soprattutto, grazie a coloro che ogni giorno la vivono. Attraverso il videogame ‘’Diversity@work’’, lanciato dalla startup Work Wide Women, ogni azienda e ogni persona che ne fa parte, può valutare il livello di inclusività e promozione della diversity all’interno della propria azienda.
L’obiettivo è aumentare la consapevolezza di ognuno di noi tramite un gioco di carte in cui il player verifica le proprie reazioni di fronte a situazioni di vario tipo, cercando così anche di far emergere le dinamiche discriminatorie implicite.
Le aziende e tutte le persone che ne fanno parte sono quindi chiamate oggi a trovare policy e linee guida chiare che siano di supporto a un luogo di lavoro capace di abbracciare le differenze. Per far sì che questo succeda è necessario prima di tutto un cambiamento culturale e, anche se le imprese possono porsi come driver del cambiamento, il principale attore di questo sviluppo non può che essere l’istituzione pubblica attraverso attività di educazione, informazione e sensibilizzazione.
La nostra speranza, come Stakeholder del mondo del lavoro, è poter scrivere il prossimo anno un articolo che celebri i risultati raggiunti nel 2022. Intanto continuiamo a sostenere tutti i nostri candidati e le aziende che si dimostrano inclusive nei loro confronti.